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26 | ATTO PRIMO |
Vanne pur.
Fabrizio. Sì signore. Vo a spiare attento,
Se nulla di tal fatto a mormorare io sento.
Tornerò per le doppie, quando vi sia il perchè.
(Se per altri non servono, han da servir per me).
(da sè, indi pate)
SCENA n.
Il Cavaliere Ansaldo, poi il Prìncipe don Fernando e Beltrame.
Tentisi pria di tutto di don Fernando il cuore.
Fernando. Cavalier, mi vien detto che, pria della sua morte.
Un foglio abbia vergato donn’Anna mia consorte;
E a voi, che per ventura foste colà arrivato.
Abbia, acciò mel recaste, quel foglio consegnato.
Cavaliere. È ver, la zia tremante dopo il primo accidente,
Per voi formò un viglietto; lo diede a me presente.
Ma il foglio mi richiese, meno dal male oppressa,
Dicendo: a mio consorte spero parlare io stessa.
Lacerando lo scritto, seco a partir m’invita,
Ma da un nuovo accidente la misera è colpita.
Chiede a cenni da scrivere, la carta a lei si porta.
La man più non si regge, e in breve tempo è morta.
Fernando. Infelice consorte! il ciel me l’ha rapita,
Senz’avermi vicino al fin della sua vita.
Mi amò dal primo istante che a me divenne sposa.
Per tutti i giorni suoi fu sempre a me amorosa.
Perderla non credeva sì presto, e sì repente;
Sono e sarò per questo più misero e dolente.
Chi sa che volea dirmi la sposa sventurata?
Aveste in pezzi almeno la carta a me recata!