Armidoro, del mese?
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Armidoro. Cosa so io? (arrabbiato)
Barone. Vediamo.
(tira fuori di lasca un lunario)
Osservate, Contessa, un taccuino francese.
Contessa. Oh, mi avete seccato.
Barone. Ne abbiam dieci del mese.
(osservando sul lunario)
Addì dieci d’Aprile.... Oh che penna cattiva!
Datemi un’altra penna. (alla Conlessa)
Contessa. Ma lasciate che io scriva.
(sdegnata)
Armidoro. (Per dir la verità, sdegno mi vien per lei.
Con tutta la mia flemma io non lo soffrirei).
Barone. Promette dar in sposa la Baronessa figlia. (scrivendo)
Contessa. Dite piano. (al Barone, con impazienza)
Barone. Del sposo ditemi la famiglia. (alla Contessa)
Contessa. Eh cospetto di Bacco, questa è un’impertinenza.
Vi ho sofferto anche troppo, perduta ho la pazienza.
Siete, signor Barone, siete insolente un poco;
A terminar la lettera andrò in un altro loco.
(prende la sua lettera, e parte)
Barone. (In tal guisa si scalda? perchè? che cosa è stato?)
Dite, del Cavaliere lo sapete il casato? (ad Armidoro)
Armidoro. Non so niente. (si alza)
Barone. Possibile? viene in conversazione;
Lo dovreste sapere.
Armidoro. Schiavo, signor Barone. (parte)
Barone. Schiavo, padrone mio. Con lor me ne consolo.
Che bella inciviltà! mi lasciano qui solo?
A dirmi il suo casato tanta difficoltà?
Andrò tanto cercandolo, che alcun me lo dirà.
- ↑ Così in tutte le antiche edizioni, ma per distrazione l’autore aggiunse qui un settenario di più. Per correggere il verso martelliano, bisognerebbe stampare «Quanti del mese?» oppure soltanto a «Quanti ne abbiamo?» e, fra parentesi, «ad Armidoro».