Signor, non state in piedi, eccovi là una sedia.
Prendete questo libro, leggete una commedia.
Armidoro. Non importa, signora.
Contessa. Fate quel ch’io vi dico.
Armidoro. Farò, per obbedirvi. (siede, e si mette a leggere)
Contessa. Mancava quest’intrico.
Se per la Baronessa prendeste alcun sospetto,
Giuromi che per lei piuttosto ho del dispetto:
Che ho fatto a tollerarla un atto di virtù,
E che se ho da servirla, io non ci vengo più.
(Eh briccon, non ti credo, lo so che vuoi fidarmi.
Vieni, vieni, e vedrai, se anch’io so vendicarmi).
So che con voi. Contessa, fui questa mane ardito,
Provo i rimorsi al cuore, son dell’errar pentito.
(si va confondendo)
E se voi accordate la vostra grazia in dono,
In pubblico son pronto a chiedervi perdono.
(In pubblico esibisce darmi soddisfazione?)
Armidoro. Signora. (alzandosi)
Contessa. Che volete?
Armidoro. Con vostra permissione.
Mi parete agitata. (accostandosi a lei)
Contessa. A leggere badate. (con imperio)
Armidoro. Questo libro mi annoia.
Contessa. Eccone un altro, andate.
(gli getta in terra un altro libro)
Armidoro. (Pagherei dieci scudi saper cos’è quel foglio).
(va a sedere dov’era prima)
Contessa. (Tanti dottoramenti in casa mia non voglio).
Voi siete quella sola, ch’io veramente adoro.
Viver con voi desidero; se mi lasciate, io moro.
(si va intenerendo)
Tutto farò per voi, amabile Contessa,
Fuor che per vostro cenno servir la Baronessa.
So quel che mi ha costato il fingere finora: