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316 ATTO TERZO
Perdere il vostro cuore assai mi spiacerà,

Ma impedire non voglio la sua felicità.
Conoscete da questo s’io son fedele amica;
La Baronessa amate, il ciel vi benedica.
Cavaliere. Voi mi avete stordito, signora, in guisa tale,
Che non ho mai provato un stordimento eguale.
Chi sente voi, rassembra l’affare accomodato.
Ma io per quella giovane non sentomi inclinato;
Se il simpatico genio desta le brame sue,
La simpatia dovrebbe oprare in tutti due.
Contessa. Non vi par ch’ella sia degna del vostro amore?
Cavaliere. Sarà; ma un altro affetto mi ha prevenuto il cuore.
Contessa. Per chi?
Cavaliere.   Per voi, signora.
Contessa.   Guardate il folle inganno;
Scernere il proprio bene i nostri cuor non sanno.
Per voi, non so negarlo, ho dell’amore anch’io;
Ma non vi è paragone fra il di lei foco e il mio.
Io sono ancora incerta fra il capitano e voi,
Ella a voi sol consacra tutti gli affetti suoi.
Io mi diverto alfine or con quello, or con questo;
Ella non vuol trattare nessun, ve lo protesto.
Parlo contro me stessa. Ma confessar si de’,
Che fareste un sproposito a barattar con me.
Cavaliere. Lasciate ch’io lo faccia; se poi m’ingannerò,
E se sarò pentito, pazienza.
Contessa.   Oh questo no.
Avrei doppio rimorso: d’aver l’amica oppressa,
E d’aver cimentato la pace di me stessa.
Lo sapete, signore, s’io son superba alquanto.
Se tener vincolati gli amici miei mi vanto.
Se quando ho una rivale, soglio mostrarmi irata;
Ma son nel vostro caso a cedere forzata.
Proprio la Baronessa mi mosse a compassione.
Ah se voi la sentiste, dareste a me ragione!