Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1912, XV.djvu/316

308 ATTO TERZO
Contessa. Il baron Federico è un uom fatto così,

Ma presto egli dovrebbe andarsene di qui.
Fabio. Del baron Federico non me n’importa niente;
Ma gli altri i versi miei sprezzarono egualmente,
E assai mi maraviglio di voi, signora mia,
Che i stolidi possiate soffrire in compagnia.
Dovreste a parer mio formar conversazione
Di gente che alle lettere mostrasse inclinazione;
E preferendo i dotti a quei di bell’aspetto.
Vi acquisterete 1 al mondo un singolar concetto.
Contessa. Dite bene, don Fabio: io voglio in ogni forma
Far degli amici miei lo scarto e la riforma.
Qual credereste voi ch’io licenziassi il primo?
Fabio. Il capitan Gismondo, che men degli altri io stimo.
Contessa. Eppure il capitano, per dir la verità,
È quel che ha più degli altri per me della bontà.
Fabio. Della bontà per voi? affè siete ingannata,
E convien dir che v’abbia la passione acciecata.
Vi vuol tanto a conoscere ch’è un spirito volante.
Che a tutte a prima vista suol far lo spasimante?
Non vedeste voi stessa, che alla Romana appresso
Languiva, spasimava, uscia fuor di se stesso?
Contessa. Davver?
Fabio.   Non lo vedeste?
Contessa.   Servirla io lo pregai.
Fabio. Servirla? sospirare, tremare io l’osservai.
Tutti se ne ridevano, e ciò, ve lo protesto,
A voi da ognun si reputa un torto manifesto.
Contessa. (Ah, lo sdegno pur troppo mi sprona e mi solletica).
(da sè)
Fabio. (Spero che abbia a giovarmi quest’invenzion poetica).
(da sè)
Contessa. (Si pensi alla vendetta). Don Fabio, a un vostro pari,
A un uom del vostro merito è ben ch’io mi dichiari.

  1. Edd. Guibert-Orgeas e Zatta: Vi acquistereste.