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298 ATTO SECONDO
Cavaliere. (Oh! ci vuole per altro una gran sofferenza). (da sè)

Armidoro. I rimproveri vostri mi onorano non poco.
Questa sera, signora?...
Contessa.   Andremo in qualche loco.
Capitano. Baronessa, ciascuno ha gli interessi suoi;
Far la conversazione possiamo infra di noi.
Sentite. (le parla piano, avvicinandosi colla sedia)
Contessa.   Dite forte, che ciascun senta e goda.
Capitano. Che pensate? le parlo di un conciero alla moda.
Contessa. Dite, don Armidoro, mi fareste un piacere?
Armidoro. Comandi.
Contessa.   Lo sapete qual sia il mio parrucchiere?
Armidoro. Lo so.
Contessa.   Subito, subito, vi prego andar da lui;
Ditegli che qui venga, che porti i ferri sui.
Che una dama straniera vuole assettarsi il capo.
Armidoro. Ma signora...
Contessa.   Signore! (con alterezza)
Armidoro.   (Siamo sempre da capo).
Vuole che vada io? (si alza)
Contessa.   Sì, Armidoro adorabile.
Per far le cose bene, voi siete inarrivabile.
Chi vuol cosa ben fatta, ha da venir da voi.
Andate, via, da bravo. Ritornerete poi.
Facilmente non soglio scordar gli altrui favori.
Siete il mio cavaliere.
Armidoro.   Servo di lor signori.
(parte confuso)

SCENA IV.

La Contessa, la Baronessa, il Capitano, il Cavaliere
e Martorino.

Capitano. Donde, signora mia, questa focosa brama?

Non son io nell’impegno di servir questa dama?
(alla Contessa)