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290 ATTO PRIMO
Cavaliere. Io per me vi dispenso, non ho curiosità.

Contessa. È furbo il Cavaliere, teme restar scontento.
Capitano. Sentirò io, signora, il vostro sentimento.
Contessa. Cosa vi dice il cuore?
Capitano.   Il cuor mi dice: spera,
Non vanta la Contessa un’anima severa;
Amor nel di lei seno può lavorar l’incanto.
Contessa. No, caro capitano, non presumete tanto.
Avete del gran merto, potete lusingarvi,
Però con tutto questo vi esorto a non fidarvi.
Martorino. La Baronessa è sola, e avrà sommo diletto
D’essere favorita.
Contessa.   Va a far quel che ti ho detto.
(a Martorino che parte)
Finchè la Baronessa deve restar con noi,
Capitan Riminaldi, la servirete voi.
Capitano. Di servire una dama per obbedir non sdegno;
Ma vi è noto, signora, il mio costante impegno.
Altri che voi servire il cuor non mi concede,
Servirvi ed adorarvi ancor senza mercede.
Il cavaliere Ansaldo, che libero si spera,
Potrà liberamente servir la forestiera.
Cavaliere. La Contessa comandi: chi può dispor, disponga.
Contessa. Al mio voler non voglio che il capitan si opponga.
Se al Cavalier diretti fossero i cenni miei,
Lo so che di rispetto prove sincere avrei.
Voi servir la dovete. Per grazia io lo domando.
E se il pregar non basta, lo voglio, lo comando.
A lei sagrificate la vostra servitù,
O in casa mia pensate a non venir mai più.
Capitano. (Oh legge maledetta!)
Contessa.   E ben? Che risolvete?
Capitano. Non so che dir, signora: farò quel che volete.
Contessa. Andiamo. (Eh signorini, affè, comando io;
Chi da me vuol venire, dee far a modo mio).
(da sè, e parte)