Capitano. Perchè a me, e non a voi?
Cavaliere. Perchè sa ch’io dipendere soglio dai voler suoi.
Contessa. E il Cavalier, per dirla, saggio, discreto e umile
(Ma con quella sua flemma mi fa venir la bile).
Capitano. Vedervi, e non amarvi, parmi difficil molto;
Chi di voi non s’accende, o è senza cuore, o è stolto.
Il Cavalier non credo meno di me invaghito;
Egli le fiamme asconde, io le discopro ardito.
Ma non è gran virtude celar le fiamme in petto,
Quand’un può assicurarsi d’un parziale affetto.
Si conosce benissimo dove la dama inclina:
Vedo che voi sarete un dì la mia rovina.
Ma non vi è più rimedio, ragion più non discerno.
Voglio dir che vi adoro, e lo dirò in eterno.
Contessa. Cavalier, cosa dite?
Cavaliere. Parlare io non ardisco.
Contessa. Mi fa venir la rabbia.
(al Cavaliere, parlando del Capitano)
Cavaliere. Ed io lo compatisco.
Capitano. Bel compatir chi pena, quando si gode e tace!
Contessa. Basta così, signore, siete un po’ troppo audace.
Capitano. Madama, a voi m’inchino.
Contessa. Dove si va?
Capitano. Non so.
Contessa. Andar non vi permetto.
Capitano. Pazienza. Io resterò.
Cavaliere. Perdonate, signora, voler che resti qua
Un pover’uom che pena, è troppa crudeltà.
Capitano. E voi troppo pietoso siete per un rivale.
Vedesi chiaramente l’amor che in voi prevale:
Ma chi sa? Se madama mi arresta ai cenni suoi.
Forse nel di lei cuore starò meglio di voi.
Contessa. No: per disingannarvi, vi parlerò sincera.
Sapete che in mia casa vi è ancor la forestiera:
La baronessa Amalia, che quivi è di passaggio,