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286 ATTO PRIMO
Chi si distingue al mondo, merita stima e affetto.

Che vi par, Cavaliere?
Cavaliere.   Parmi, signora mia.
Che sia celeste dono il don di poesia.
Bacerei quella destra, non per desio profano.
Ma perchè versi ha scritto.
Contessa.   Tenete; ecco la mano.
(dà da baciar la mano al Cavaliere)
Capitano. E a me, signora?
Contessa.   Un dito.
Capitano.   Un dito solo?
Contessa.   O niente.
Capitano. Leciti sono tai furti. (le vuol prender la mano)
Contessa.   Capitano insolente.
(gli batte forte sulle mani)
Capitano. Grazie alla sua finezza.
Contessa.   L’ho detto, e lo ridico:
Libertà non si prenda, chi esser mi vuole amico.
Baciare ad una dama la man per civiltà,
È un semplice costume, è un atto d’umiltà;
Ma l’avido desio di farlo anche a dispetto,
Mostra sia la malizia maggior d’ogni rispetto.
Fu uno scherzo, un capriccio negare a voi la mano
Per aver scritto al Duca: voi vi doleste invano.
Ma comunque ciò siasi, sappiano lor signori,
Ch’io liberal non sono di grazie e di favori.
Che le altrui pretensioni han d’arrivar fin lì,
Che se offerisco un dito, ha da bastar così;
E se niente, di niente s’ha a contentar chi viene,
O andarsene di trotto, o star come conviene.
Voglio aver degli amici, voglio conversazione.
Ma niun sopra di me dee alzar la pretensione;
Vo’ distinguer chi voglio, da voi non vo’ bravate;
Se vi comoda, bene, se non vi piace, andate.
Cavaliere. Dice a voi, capitano.