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LA DONNA BIZZARRA 285
Capitano. L’amate, o non l’amate?

Cavaliere.   A voi non lo confido.
Capitano. Questo mi muove a sdegno.
Cavaliere.   Voi vi sdegnate, io rido.
Capitano. Eccola la Contessa.

SCENA IV.

La Contessa e detti, poi Martorino.

Contessa.   Che dite, miei signori.

Sembravi che sia tempo di uscir dal letto fuori?
Ma saranno due ore, ch’io son mezza vestita,
E a scrivere nel letto io mi son divertita.
Capitano. Bravissima. È permesso? (le vuol baciar la mano)
Contessa.   Oh, signor capitano.
Oggi sì facilmente altrui non do la mano.
Questa man, se sapeste qual fu da me impiegata!
Esser dee più del solito ritrosa e rispettata.
Questa mano, signori, ebbe teste l’onore
Di scrivere una lettera al duca di Cadore:
Al cavalier più dotto, al cavalier più degno,
Ch’abbia prodotto mai de’ letterati il regno.
Egli mi ha scritto in versi, in versi a lui risposi.
Oh che amabili versi! che versi prodigiosi!
Questa mano ho bagnata nel fonte d’Ippocrene,
A voi altri profani baciarla non conviene.
Pure, per non vedere il capitan smarrito.
Per pietà gli concedo, ch’egli mi tocchi un dito.
Capitano. Oh no, signora mia, sarebbe troppo orgoglio;
La man sacra alle Muse io profanar non voglio.
Andrei troppo superbo di un sì sublime onore.
Dopo che l’impiegaste1 pel duca di Cadore.
Contessa. Dite quel che volete, sia invidia, o sia dispetto.

  1. Ed. Zatta: l’impegnaste.