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270 ATTO QUINTO
Cavaliere. Merita che si fulmini contro di lui la pena.

Conte. Cosa volete farmi?
Cavaliere.   A letto senza cena.
Conte. No, per amor del cielo.
Cavaliere.   Orsù, siete contento
Per la vostra figliuola di questo accasamento?
(al Conte)
Conte. Basta non vi sian liti.
Cavaliere.   Liti non vi saranno:
Le cose in buona pace fra noi si aggiusteranno.
Son cavalier d’onore, vi do la mia parola.
Contessa. Che dice il signor padre?
Conte.   Fate pur voi, figliuola.
Cavaliere. Via datevi la mano. Siam qui Fabrizio ed io;
Noi sarem testimoni. (alla Contessa e a don Paolino)
Fabrizio.   Quest’è l’uffizio mio.
Paolino. Contessa mia.
Contessa.   Son pronta.
Paolino.   Ecco la man.
Contessa.   Prendete.
(si danno la mano)
Cavaliere. Siete moglie e marito. Ora contenti siete.
Per voi non vi è nel mondo maggior felicità;
Io credo esser felice vivendo in libertà.
Godon talora i sposi, talor vivono in duolo:
Io son sempre lo stesso, godendo di star solo.
E parmi di godere assai perfettamante
I beni della vita, se sono indifferente.
Sia amica la fortuna, siami contraria e trista,
Nel mal, come nel bene, io sono un Apatista.
Altro ben che la pace, altro piacer non v’è:
Uditori cortesi, ditelo voi per me.

Fine della Commedia.