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264 ATTO QUINTO
E a rendermi innocente con il cortese amico,

Basta che voi diciate, che l’amor nostro è antico.
Contessa. No, più a tempo non sono; ei sospettollo in pria;
Libera in faccia ad esso vantai quest’alma mia.
E (ve lo dico in faccia) libera fui finora;
Ma son pietosa e tenera con chi pietade implora.
Questi caldi sospiri, questo languirmi innante,
Quel che non fui per anni, mi rese in un istante.
Ma ancor vieppiù sincera di ragionar consento:
È ver, del Cavaliere il freddo cor pavento.
Da un’alma indifferente non spero essere amata;
Il mio danno preveggo, ma la parola ho data.
Paolino. Dunque...
Contessa.   Dunque cessate di sospirare invano.
Paolino. Oh barbara sentenza! oh destino inumano!
Se abbandonar vi deggio, perchè mai dir d’amarmi?
Meglio per me, che almeno finto aveste d’odiarmi.
Avrei coll’odio vostro sofferto un sol tormento,
Ma dall’amor la pena moltiplicarmi io sento.
Pure obbedirvi io deggio ad ogni costo ancora.
Si ha da partir? si parta. Si ha da morir? si mora.
Deh, pria ch’io porti il piede dall’idol mio lontano.
Possa un umile bacio stampar su quella mano.
Contessa. L’onor mio nol consente.
Paolino.   Amor mi reca ardire.
(accostandosi)
Contessa. Che ardireste di fare? (fra il fiero ed il tenero)
Paolino.   Su questa man morire.
(gli prende la mano per forza)
Contessa. Lasciatemi.... (si libera da don Paolino)
Paolino.   Crudele.
Contessa.   In qual misero stato....