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L'APATISTA | 257 |
SCENA X.
Fabrizio travestito, colla spada alla mano, e detti
(verso Giacinto, ponendosi in guardia)
Giacinto. Servitore umilissimo.
(a Fabrizio, con timore)
E chi è questo signore? (a/ Cavaliere)
Cavaliere. È un capitan bravissimo.
Giacinto. Ho piacer di conoscere il signor capitano;
Vedo ch’egli sa bene tener la spada in mano.
Degli uomini di spirito ammiratore io sono;
In grazia sua mi accheto, e i torti miei gli dono.
(ripone la spada)
Fabrizio. Con voi mi voglio battere. (a Giacinto)
Giacinto. No, mio signor, perdoni.
Cavaliere. Viva l’eroe magnifico.
Contessa. Viva il re dei poltroni.
Fabrizio. Sono, se noi sapete, cugin della Contessa.
Giacinto. Con voi me ne consolo, e colla dama istessa.
Fabrizio. Voglio che dello zio s’adempia il testamento.
Giacinto. Benissimo.
Fabrizio. Sposare la voglio in sul momento.
Giacinto. Ha ragione.
Fabrizio. Mi dicono, che il di lei padre ha fatto
Con voi di matrimonio certo tal qual contratto.
È egli ver?
Giacinto. Non lo nego.
Fabrizio. O lacerato ei vada,
O meco sostenetelo col sangue e colla spada.
Cavaliere. (Bravo, Fabrizio, bravo). (piano alla Contessa)
Contessa. (Si porta egregiamente).
(piano al Cavaliere)
Giacinto. (Cosa risponder posso senz’armi e senza gente?)