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248 | ATTO QUARTO |
Lasciate ch’egli venga. Non evvi alcun pericolo.
Ho già pensato al modo di mettedo in ridicolo.
Contessa. Ma quella gente armata...
Cavaliere. Non vi mettete in pena;
Essi faran più ancora ridicola la scena.
SCENA II.
Fabrizio ed altri Servitori che portano il caffè, e detti.
Si ha da svegliar, signore.
(al Cavaliere, accennando il Conte)
Cavaliere. Lasciatelo dormire.
(a Fabrizio)
Prendete questa lettera: così dissigillata
Sia del signor Giacinto in man recapitata,
E s’egli a queste mura s’accosta, immantinente
S’aprano a lui le porte, e a tutta la sua gente.
(a Fabrizio)
Fabrizio. Ho capito.
Cavaliere. E sia pronto quello che vi ho ordinato.
Fabrizio. Non dubiti, signore, che tutto è preparato. (parte)
(Il Cavaliere, la Contessa e don Paolino vanno bevendo il caffè.)
Contessa. Cavalier, dal mio spirito questo timor levate.
Ditemi quel disegno, che di eseguir pensate.
(bevendo il caffè
Cavaliere. Voglio celarvi il modo, che adoperar mi appresto;
Ma del comico intreccio il fin dev’esser questo.
Crederà che voi siate per isposarlo, e poi
Vi vedrà da me stesso sposar su gli occhi suoi.
Paolino. Voi sposar la volete? (al Cavaliere, alzandosi)
Cavaliere. Io, quand’ella il consenta.
- ↑ Edd. Guibert-Oigeas, Zatta e altre: Spero che anderà bene ecc.