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222 ATTO SECONDO
Paolino. Che fia di me, s’io parto?

Contessa.   Sarà quel che sarà.
Paolino. Perfida!
Contessa.   Olà, gl’insulti io tollerar non soglio.
Paolino. Promettetemi almeno...
Contessa.   Promettere non voglio.
Paolino. Posso perdervi adunque.
Contessa.   È l’avvenire incerto.
Paolino. Disperatemi almeno; ditemi chiaro, e aperto:
Vanne, non lusingarti; per te non sento amore,
Ti abborrisco, ti sprezzo.
Contessa.   Non lo acconsente il cuore.
Paolino. Ah, se quel cor pietoso segue ad amarmi ancora.
Ditemi: sarò tuo.
Contessa.   Nol posso dir per ora.
Paolino. Questa dubbiezza ingrata... Ah il Cavalier!

SCENA VI.

Il Cavaliere e detti.

Cavaliere.   Seguite,

Anime innamorate, per me non vi smarrite;
Un uom compassionevole, un galantuomo io sono.
Agli accidenti umani, alle passion perdono.
Contessa. Signor, la mia condotta giustificar desio.
Paolino. Pria di giustificarvi, preceda il partir mio.
Cavalier, lo confesso, lo dico a mio rossore.
Col manto d’amicizia qui mi ha condotto amore:
Parto in questo momento; perdono a voi domando.
Cavaliere. No, partir non dovete; vi priego, e vel comando.
S’è ver che meco siate reo di qualche delitto,
Questo lieve castigo da me vi vien prescritto:
Per questo giorno almeno meco restar dovete;
Quando vel dica io stesso, da queste soglie andrete.