Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1912, XV.djvu/228

220 ATTO SECONDO
Cavaliere. Eppure i miei riguardi non nascono da questo.

Siccome indifferente sono in ogni altro impegno,
La stessa indifferenza avrei pel vostro sdegno.
Quello che mi trattiene a stringere il legame,
È del cuor della dama il non saper le brame.
Giacinto. Ella, ne son sicuro, a me non farà torto.
Ditel voi, s’ella mi ama. (al Conte)
Conte.   Non me ne sono accorto.
So che quando le dissi la vostra inclinazione,
Risposemi Lavinia con tutta sommissione:
Padre, ai vostri comandi io contrastar non soglio;
Datemi voi lo sposo, ma questo io non lo voglio.
Cavaliere. Veramente vi adora.
Giacinto.   Eh, non gli credo un fico.
Questa cosa è impossibile, con fondamento il dico.
Nessuna in questo mondo l’amor mi ha ricusato,
L’idolo delle donne sempre finor son stato.
Hanno fatto pazzie per me le più vezzose;
Tutte ambiscono a gara di divenir mie spose;
Esser non può codesta all’amor mio nemica.
Questo vecchio insensato non sa quel che si dica.
Conte. Sarà com’ella dice.
Giacinto.   Uomo senza intelletto.
Cavaliere. Basta, signor Giacinto. Portategli rispetto.
Lo merta per il grado, lo merta per l’età.
Giacinto. Vi abbraccio e vi perdono. (al Conte)
Conte.   Grazie alla sua bontà.
Giacinto. Andiam dalla Contessa. Parvi sia tempo ancora?
(al Cavaliere)
Cavaliere. Andiam; vuò presentarvi io stesso alla signora.
Giacinto. No, non v’incomodate...
Cavaliere.   So il mio dover...
Giacinto.   Vi prego...
Cavaliere. Voglio assolutamente...
Giacinto.   Costantemente il nego...