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200 ATTO PRIMO
Paolino. Dunque, per quel ch’io sento, privo d’ogni passione,

Siete un novel filosofo più stoico di Zenone.
Cavaliere. Non fondo il mio sistema sopra gli esempi altrui;
Ciascun dee onestamente seguire i pensier sui.
Amo il ben della vita, i comodi non sprezzo.
Ma sono anche agl’incomodi a rassegnarmi avvezzo.
Talora un ben mi arriva, un mal talor m’avviene;
Io sono indifferente al mal siccome al bene.
Paolino. Voi, che avete sinora l’indifferenza amato,
Ditemi, foste mai di donna innamorato?
Cavaliere. Mai, per grazia del cielo.
Paolino.   Grazia è del cielo, è vero.
Io posso dir per prova quanto amor sia severo.
Cavaliere. Non ho, per dire il vero, cercato innamorarmi.
Ma dall’amar nemmeno cercato ho di sottrarmi;
Di belle donne al fianco mi ritrovai talora,
Conobbi il loro merito, ma non mi accesi ancora;
Onde, o finor non vidi donna in cuor mio possente,
O il cuore ho per natura da tal passione esente.
Questa freddezza interna so che un piacer mi toglie,
Ma so ancor, che l’amore reca tormenti e doglie;
E in dubbio che mi rechi amor gioia, o tormento,
Son dell’indifferenza lietissimo e contento.
Paolino. Cavaliere, credetemi, arriverà quel dì,
Che il vostro core acceso non penserà così.
Cavaliere. Può darsi, anch’io son uomo, so che l’uom s’innamora.
Posso anch’io innamorarmi, ma non l’ho fatto ancora.
Paolino. Sarà pur necessario, che voi prendiate stato.
Cavaliere. Necessario? perchè?
Paolino.   Lo zio non vi ha lasciato
L’obbligo in testamento, ragionevole, onesto.
Di maritarvi?
Cavaliere.   È vero. Ma qual ragion per questo?
Quand’io non mi marito, e altrui le facoltà
Passin del testatore, per me, che mal sarà?