Dorotea. Capisco, e non capisco. Sono confusa affatto.
Gaudenzio. Animo, miei signori, soscrivano il contratto.
Ferrante. a voi, signor Fabrizio.
Fabrizio. A voi, signor Ferrante.
Conte. Fermatevi, signori, vuole il dover che innante
Prometta e sottoscriva la nuora e la cognata.
Ed io non vuò permettere che sia pregiudicata.
Favorite, signora, la penna a voi tributo:
Scrivete, e a voi dettando, vi servirò d’aiuto.
Io Dorotea Falconi dei beni estradotali
Assegno a mia cognata tanti miei capitali,
Che arrivino a formare diecimila ducati,
Quai dal signor Ferrante mi sono assicurati.
(egli detta, e Dorotea scrive)
Atto sì generoso chi è che lodar non vuole?
Dorotea. (Non so quel ch’io mi faccia, perdute ho le parole).
Conte. A voi, signor Rinaldo, di vostra man firmate,
E l’atto della moglie voi pure autenticate.
Rinaldo. Eccomi pronto anch’io.
Conte. Soscrivino all’istante
Prima il signor Fabrizio, poscia il signor Ferrante.
Ecco fatto, ecco fatto. Signor Gaudenzio ed io
Siamo i due testimoni; eccovi il nome mio.
Mi consolo, signora, che alfin siete la sposa,
Della cognata in grazia affabile amorosa, (a Cammilla)
Se i padri si contentano, porgetevi la mano.
(a Roberto e a Cammilla)
Ferrante. Io mi contento.
Fabrizio. Io pure.
Roberto. Ecco la destra.
Conte. Piano.
Questa benefattrice, che la ragione intende.
Del torto che le fate, moltissimo si offende.
Ella che ha tanto fatto, desidera ancor questo:
Brama colle sue mani formar sì bell’innesto.