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152 ATTO TERZO
A camminar si suda, e nel salir le scale

Mi ho sentito venire un caldo universale.
Andiamo all’aria fresca a respirare un poco.
Dorotea. Portami uno scaldino con un tantin di foco. (a Foligno)
Foligno. Subito, sì signora. (il caldo l’è passato.)
S’ha da dire al contrario. Basta così, ho imparato).
(da sè, e parte)

SCENA III.

La Signora Dorotea ed il Conte Alessandro.

Conte. (Me l’ha detto l’amico, che mi farà impazzire.

Pur non dispero ancora. Ancor vuò proseguire).
Dorotea. (Non ho trovato al mondo un uom più compiacente;
Ch’egli davver mi stima, conosco apertamente).
Conte. (La via di guadagnarla ancor non ho trovata).
Dorotea. (Alla sua gentilezza non voglio esser ingrata).
Conte, non dite nulla? Che fate voi sospeso?
Conte. Signora mia, il protesto, sono da voi sorpreso.
Più che vi tratto, io scopro in voi nuovi talenti;
La rarità mi piace dei vostri sentimenti,
E quel nobile misto di virtuoso sdegno
E di dolcezza amabile mi piace al maggior segno.
Io, vi confesso il vero, stando con voi, mi trovo
Fuor del comun sistema, quasi in un mondo nuovo.
Un uom può ritrovarsi di cento donne appresso.
Poco più, poco meno, sente ogni dì lo stesso.
Vantano tutte l’altre certe virtù comuni.
Che dai soliti vizi non ponno andar immuni;
Voi, con mia maraviglia, avete una virtù.
Che praticando il mondo non osservai mai più:
Una mente prontissima, un intelletto aperto,
Di onore e di prudenza un nobile concerto.
La vostra intelligenza sorpassa ogni confine,
Di qualunque intrapresa voi prevedete il fine.