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126 ATTO PRIMO
Se mi volete bene, vi supplico, cognata,

Fate che per quest’anno mi tengano serrata.
Dorotea. Parlare in tal maniera è un torto che mi fate.
Meco restar dovete, infin che vi sposate.
Voglio aver io l’onore, col mio debole ingegno,
Del vostro sposalizio di assumere l’impegno.
Stabilito il contratto, gli usati complimenti
Da me riceveranno gli amici ed i parenti.
Le visite alle dame faremo in compagnia,
Conversazion la sera terremo in casa mia.
Verrà da me lo sposo nelle mie stanze istesse;
So l’attenzion ch’esigono le giovani promesse.
All’anello, alle perle, al tocco della mano,
Io farò di una madre l’uffizio veterano,
E il dì della funzione, al solito convito
Prenderò io l’impegno di regolar l’invito.
Farò quel che conviene per voi, per la famiglia.
Con quell’amore istesso, qual se foste mia figlia.
Cammilla. (Ad un parlar sì tenero chi mai non crederebbe?
Ma so che mille volte impazzir mi farebbe). (da sè)
Al vostro cuor gentile davver sono obbligata
Ma avrei piacer quest’anno di viver ritirata.;
Dorotea. Questa vostra insistenza moltissimo mi offende.
Quando una cosa io bramo, ciascun me la contende;
Tutti mi contradicono, e lo fan per dispetto.
Cammilla. Ma via, non vi adirate. Star con voi vi prometto.
Dorotea. Cara, tenete un bacio. Vuò far vedere al mondo,
Se voi mi compiaceste, che anch’io vi corrispondo.
Roberto sarà vostro. Tutto sarà finito.
Farò che la scrittura soscriva mio marito.
Tutto sperar potete dal mio sincero amore.
Chi mi vien colle buone, mi caverebbe il cuore.
Cammilla. Ma il padre di Roberto so ch’è un uom pontiglioso.
Chi sa ch’ei non si mostri sofistico e sdegnoso?