Son tutti pregiudizi cresciuti coll’età.
Signora Dorotea, vi lodo, e vi professo
Che trovomi con voi d’un sentimento istesso.
Se avrò con queste nozze l’onor di praticarvi,
Non abbiate timore ch’io venga ad illustrarvi.
Mi piacciono le donne qual voi di buona pasta:
Buon giorno, vi saluto, vi riverisco, e basta.
Dorotea. Signor, con buona grazia, chi credete ch’io sia?
Sempre dell’illustrissima mi han dato in casa mia.
Nobile è mio marito, del fior della Toscana;
Buon giorno, vi saluto, si dice a una villana.
Fabrizio. Credea di compiacervi, signora, in mia coscienza.
Dorotea. Oh, vi darò la mancia per sì gran compiacenza.
Seguitate, signore. (a Gaudenzio)
Rinaldo. (Ecco il stile ordinario.
Dite di sì o di no, risponde all’incontrario).
Gaudenzio. La signora Cammilla concedere in isposa
Al nobile signore Roberto Bellacosa,
Ed il signor Roberto l’accetta qui presente.
Ed il signor Fabrizio all’obbligo acconsente.
Coi patti e condizioni che appiè si leggeranno,
Per concluder le nozze nel termine d’un anno...
Dorotea. Come! un anno di tempo? Io non son persuasa
Che abbiasi per un anno tal seccatura in casa.
Vorrà venir lo sposo, e avrà la sua ragione;
Ma io, signori miei, non vuò tal soggezione.
Gaudenzio. Ecco una novità.
Roberto. Signora, io vi prometto...
Dorotea. In questo, compatitemi, parlovi tondo e schietto.
So di una sposa in casa la soggezion qual è.
Veggo che questo lotto ha da toccare a me.
O che si sposi subito, o fuor di queste porte
Io vado immantinente, unita a mio consorte.
Ferrante. Cosa dici, Rinaldo?
Rinaldo. Veggo, conosco anch’io...