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118 ATTO PRIMO
Per la figliuola mia noto vi è già il trattato;

Ora par che l’affare sia bello e terminato.
Ma prima di concludere le nozze infra di noi,
Desidero che intesa ne siate ancora voi.
Rinaldo. Ora per mio consiglio vi hanno perciò chiamato.
(Non vorrei che dicesse, che io non ci ho pensato). (da sè)
Dorotea. È un onor ch’io non merito, la grazia che or ricevo.
Il suocero ringrazio per simili favori.
Ringrazio mio consorte, ringrazio lor signori;
E di cuor mi rallegro del ben di mia cognata,
Che può per nozze tali chiamarsi fortunata.
Ferrante. (Vedete, se fu bene farle un tal complimento?) (a Gaudenzio)
Gaudenzio. (Finor, per dir il vero, di lei non mi scontento).
Fabrizio. Con voi se imparentarsi mio figlio avrà l’onore,
Vi sarà in ogni tempo cognato e servitore.
Roberto. E con verace stima, e con sincero affetto.
Procurerò di darvi dei segni di rispetto.
Rinaldo. Vi prego in sua presenza di leggere il contratto. (a Gaudenzio)
Dorotea. È concluso l’affare?
Gaudenzio.   Sì, è stabilito affatto.
Dorotea. Bravissimi: vi lodo. Voi mi avete chiamata.
In tempo ch’è ogni cosa conclusa e terminata.
Per simile finezza vi ringrazio davvero.
Così non avrò briga di dire il mio pensiero.
Rinaldo. Vi dolete non essere stata chiamata in prima?
Dorotea. Oh no, signor consorte, conosco quanta stima
Fa di me questa casa. Comprendo che chiamarmi
Non ha voluto innanzi, per meno incomodarmi.
Che poteva una donna del mio discernimento
Suggerire a quattr’uomini di senno e di talento?
E poi di una consorte è inutile il consiglio.
Dove comanda il padre, dove dispone il figlio.