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A me lascia il pensiere di dir le mie ragioni.

Farò che svergognata il Duca l’abbandoni.
Fabrizio. Se l’abbandona il Duca, il mio padron che sa
L’inganno e l’innocenza, un dì la sposerà.
Poi troveremo il modo di por la cosa in chiaro.
Pasquale. Rimedieremo a tutto a forza di danaro.
Basta che per fuggire mi dia quel che bisogna;
Mi lascierò bandire senz’alcuna vergogna.
Fabrizio. Portati bene in questo, e poi discorreremo.
Vanne, non perder tempo. Colà ci rivedremo.
(Costui per tutto il mondo può far il suo mestiere,
Già per tutto si trovano le forche e le galere).
(da sè, e parte)
Pasquale. Tutta la gran fatica per me consisterà,
Nel far da galant’uomo la parte come va.
Io che a far son avvezzo lo sgherro e il lazzarone.
Con quest’abito intorno mi trovo in soggezione.
Ma vuò fare ogni sforzo per superar l’imbroglio;
I cinquanta ducati perdere non li voglio. (parte)

SCENA II1.

Camera in casa di don Fernando.

Donna Placida sola.

Possibile, che ancora non giunga a queste porte

Il caro don Roberto in braccio alla consorte?
Possibil, che di Napoli cercando in ogni lato
Servi, amici, congiunti non l’abbiano trovato?
Par che la sorte ingrata, che afflissemi finora,
Contro di me congiuri per tormentarmi ancora.
Ho tant’anni sofferto con un egual tormento;
Or la solita pena si accresce ogni momento.
Veggo per esperienza, che ogni dolore avanza
Un bene differito, creduto in vicinanza.

  1. Vedasi a pag. 76.