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92 ATTO QUINTO
Voi che amor conoscete, voi che virtude amate,

(a donna Marianna)
Mirate, e compatite quell’alme innamorate.
Vostro del Duca è il cuore, vostra, è ver, la sua mano
La man sperar potete, ma il cuor sperate invano;
E se la pace all’alma non vi promette amore,
Solo bramar vi resta di risarcir l’onore.
Questo serbar intatto per altra via si puote,
Senza che abbia uno sposo a procacciar la dote.
Ma con tale imeneo, che a stato vi conduca,
Per onor, per fortuna, pari a quello del Duca.
Anzi se unirvi ad esso può sol forza e dispetto,
L’altro il cuor vi esibisce per stima e per affetto.
Onde non sol venuta a risarcir la fama,
Ma troverete un sposo, che vi rispetta ed ama;
Che della virtù vostra il merto ha conosciuto,
Che degna vi considera d’ogni maggior tributo,
Che pronto in compiacervi in ogni incontro avrete,
Che è cavalier d’onore....
Marianna.   E il cavalier voi siete.
Signor, tanta fortuna so ch’io non merto, è vero.
Ma pur l’ha preveduta audace il mio pensiero.
Fidar io mi dovea di un cavaliere onesto,
Nè immaginar potevasi mezzo miglior di questo.
Come potean tre cuori dar fine ai lor tormenti,
Se non entrava il quarto a renderli contenti?
Duca, di voi mi scordo, nè lacerar mi sento
L’anima prevenuta di un tal distaccamento.
Ah sì, nei primi giorni l’ho dolcemente amato,
Ma come amar potevalo dell’amor mio scordato?
L’onor mi fe’ sollecita, sol l’onor mio mi ha mosso;
Gloria maggiore al mondo desiderar non posso.
Voi cavalier sublime, voi dell’onor geloso,
Voi di real Sovrano ministro poderoso,
In cui tante virtudi l’anima grande aduna,