Ma inteso che lo zio resiste a collocarla,
Tacqui la fiamma in petto, risolsi abbandonarla.
A lei non dissi un motto, nol dissi ad uom del mondo;
Or, che ciò si traspiri, mi duole e mi confondo.
Gli occhi se han, mio malgrado, le fiamme mie svelate,
Se favellai tacendo, deh, signor, perdonate.
Bainer. Gli occhi potran dir poco, se quasi con orgoglio,
Voi non vi foste indotto spiegarvi in questo foglio.
Guden. Io? Qual foglio, signore?
Bainer. Come! di vostra mano
Forse non è vergato? (dandogli la lettera)
Guden. Render mi ponno insano
(dopo aver osservato la lettera)
I mali ch’io sopporto, fino ad un certo segno,
Non mai a farmi scrivere simile foglio indegno.
Giuro sull’onor mio, la carta io non distesi:
È noto il mio carattere ai mercanti Olandesi.
Una impostura è questa, che voi mal conoscete;
E di me sospettando, signor, voi mi offendete.
Bainer. (Son confuso). Chi dunque l’indegna carta estese?
Favorite, signore. (riprende la lettera)
(Che mai fosse il Marchese?
Ho lettere di lui, che si pon confrontare.
Ah, se ciò è ver, costui è pazzo da legare). (da sè)
Guden. Siete ancor persuaso?
Bainer. Sì, vi credo, signore,
Ma fu da un accidente scoperto il vostro amore.
Guden. Non so che dire, il fato vuol che infelice io sia;
Se disvelato ho il cuore, non è per colpa mia.
Bastami che sappiate, che io mentir non soglio,
Che son uomo onorato, da voi altro non voglio.
Bainer. Se da un falso sospetto, signor, tradito io sono,
So che vi offesi a torto, e chiedovi perdono.
Guden. Basta così.
Bainer. No, amico, se a voi basta sì poco,