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56 | ATTO TERZO |
Guden. Sperai alla mie piaghe miglior medicamento.
Marianna. Ditemi, monsieur Guden, in questo quarto mio
Sanavi quel rimedio, che ha suggerito il zio?
Guden. Sì, madama.
Elisabetta. Rimedio forse di nuova usanza,
Raccolto dalle mura d’intorno a questa stanza?
(tutte dimostrano l’ironia giocosa)
Marianna. L’aria delle finestre.
Federica. Meglio è quella di fuori.
Giuseppina. Perchè non va nel fiume a spegnere gli ardori?
Guden. Si burlano a ragione di un povero ammalato.
Elisabetta. Poverino! si vede ch’è in un misero stato.
Pallido, smunto e secco.
Federica. Non ha più carne indosso.
Giuseppina. Il mal dev’esser grande, se l’ammalato è grosso.
Guden. Mi beffano. Pazienza.
Marianna. Non le crediate offese.
Scherzar con bello spinto è il costume olandese:
Amiche, con licenza. Accostatevi a me.
(a monsieur Guden)
(Quale vi piacerebbe signor, di queste tre?)
Guden. (Madama, compatite; meglio sarà ch’io taccia).
Marianna. (Possibil non vi sia qualcuna che vi piaccia?)
Guden. (Vi è pur troppo).
Marianna. (Ma quale di quelle tre?)
Guden. (Nessuna:
Finchè non dite quattro, non ne ritrovo alcuna).
Marianna. Carolina. (chiama)
SCENA V.
Carolina e detti.
Marianna. (Ecco son quattro adesso).
Guden. (Ditemi fra le cinque, o per me fia lo stesso).