Marianna. Dimmi, chi ti ha chiamato?
(a Carolina)
Carolina. Con licenza, signore. (alle donne) Quel giovane ammalato.
(piano a Marianna)
Marianna. (Guarda se mai avesse necessitade alcuna).
(piano a Carolina)
Carolina. Sì, signora. (parte, e a suo tempo ritorna)
Marianna. (Infelice! merta miglior fortuna). (da sè)
Elisabetta. Via diteci, madama, qualcosa di curioso.
(a madama Marianna)
Marianna. Pensava in questo punto a un caso doloroso.
Un povero signore, polacco di nazione,
Venuto da mio zio per la sua guarigione,
In età giovanile ha una melanconia
Sì tetra, che di peggio credo che non si dia.
Elisabetta, Monsieur Bainer che dice?
Marianna. Procura consolarlo.
Federica. Capperi! monsieur Bainer saprà ben risanarlo.
Carolina. Madama, poverino! vorrebbe un po’ venire.
(piano a madama Marianna)
Marianna. (Che dicesti?)
Carolina. (Niente).
Marianna. (Non sai quel ch’hai da dire?)
Siamo qui tra di noi. Non vorran soggezione).
Compatite. (alle donne)
Elisabetta. Servitevi.
Carolina. (Gliel’ha detto il padrone).
Marianna. (Mio zio?)
Carolina. (Così mi disse).
Marianna. (Farà per ricrearlo.)
Nel stato in cui si trova, non vo’ mortificarlo).
Amiche, l’ammalato di cui parlammo adesso,
Vorria venir innanzi, se fossegli permesso.
Che dite? non è tale da recar soggezione.
Elisabetta. Io per me non mi oppongo.