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LA VEDOVA SPIRITOSA 455


Berto. (Ah! che uomo da bene). Basta.... sia per non detto. Non parliamo più di Luigia. Pensiamo solamente a rinserrare quell’altra.

Anselmo. Da voi non mi vedrete mai più.

Berto. Oh, questa è bella da vero. Se voi non verrete più qui, se voi mi abbandonate, sarò sforzato allora di chiudere in un ritiro Luigia.

Anselmo. Oh amicizia! amicizia! a che cosa mi costringi? Non so che dire. Verrò per assistere alla fanciulla.

Berto. Quanto mai sono obbligato alla premura che per me vi prendete; dove posso, comandatemi con libertà. Son cosa vostra, disponete liberamente.

Anselmo. Appunto avrei una grazia da domandarvi.

Berto. Impiegatemi pure in tutto quello che può dipendere dal mio potere.

Anselmo. Vi dirò, amico caro. Vi è una fanciulla giovane, che è abbandonata da tutti, ed in procinto da pericolare, avrebbe l’occasione di collocarsi, ma senza un poco di dote, quello che la vorrebbe non può pigliarla. Per fare i fatti suoi, ha bisogno di cento zecchini, e se voi siete disposto a fare questa opera di pietà, avrete il merito di averla assicurata contro le insidie de’ suoi persecutori.

Berto. È perseguitata dunque?

Anselmo. Pur troppo.

Berto. È bella?

Anselmo. Sì, e questo è il maggior pericolo.

Berto. E lo sposo vuole cento zecchini? Non si potrebbe contentare di una bella ragazza?

Anselmo. Che serve la bellezza, quando non vi è il bisogno per la famiglia? Quanta belle figlie rimangono senza marito, perchè lor manca la dote.

Berto. Ora parlando di dote, mi fate risovvenire che la devo preparare per mia nepote Luigia, e se sarò troppo liberale con gli altri, non so se un giorno mi resterà il bisogno per lei.

Anselmo. Questo pensiero avaro è affatto nuovo in don Berto. Non vi ho mai più sentito parlare così, ed io, che ho tanto