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452 | ATTO PRIMO |
Berto. Sentite che cosa ha detto?
Isidoro. Le sue impertinenze mi farebbero scaldare il sangue. In casa vostra non ci dovrei più venire. Ma gli amici si conoscono nelle occasioni. Soffrirò tutto per amor vostro; e ad onta degl’insulti, degli strapazzi, saldo, forte, costante, son qui, son vostro; sono a desinare con voi. (parte)
Berto. Dice che verrà a pranzar meco, perchè mi vuol bene; mi pare che in ciò non vi sia malizia; e pure mia nepote mi vorrebbe far pensare diversamente. Se ascolto lui, mi convince; se sento lei, dice bene; non so che dire. Io ascolto tutti, e l’ultimo che mi parla, è sicuro di aver ragione. (parte)
SCENA IX.
Don Anselmo e Rosina.
Anselmo. Ehi Rosina.
Rosina. Signore.
Anselmo. Dove è donna Luigia, che non si vede?
Rosina. Sarà nella stanza di sua sorella.
Anselmo. Ecco qui, tutto il giorno appartate, tutto il giorno serrate insieme.
Rosina. A voi che cosa importa?
Anselmo. Eh! sa il cielo perchè mi preme. Andate da donna Luigia, e ditele per ordine di suo zio, che venga a prendere la consueta lezione.
Rosina. E ho da dire che venga per ordine del padrone, quando il padrone non mi ha detto niente? Voi che insegnate le cose buone, mi consigliate a dire delle bugie?
Anselmo. Figliuola mia, voi non sapete distinguere le bugie maliziose dai leciti ed officiosi pretesti. Andate, fate quello che vi dico.
Rosina. No certo, signore; da che sono nata al mondo, non mi ricordo di aver detto bugie, e non ne vuò principiare a dire.
Anselmo. Ostinazione del sesso! che sì, che se io vi chiedo quanti anni avete, mi risponderete subito una bugia?
Rosina. E che sì, che se io vi domando se siete un uomo da bene, mi direte delle falsità, perchè io vi creda esser tale?