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LA VEDOVA SPIRITOSA 449

SCENA VII.

Don Berto e poi donna Placida.

Berto. Povero me! In casa mia, dunque, era venuto il malanno?

Placida. (Quel caro don Anselmo è partito senza nè meno salutarmi. Lo so che quell’impostore mi odia, ma spero di essere venuta in tempo per ricattarmi). (da sè)

Berto. (Eccola; chi direbbe mai, che sotto quella bella apparenza si nascondesse tanta malizia?) (da sè)

Placida. Serva, signore zio.

Berto. Vi saluto. (con un poco di asprezza)

Placida. Che avete, signore, che mi parete alterato?

Berto. Sono alterato per cagion vostra. Voi mi tenete in continuo pensiere, e vi dirò ora in poche parole quello che di voi ho risoluto.

Placida. Comandate, signore, io non desidero che compiacervi.

Berto. Oh bene dunque, sappiate che sino che siete vedova, vi voglio mettere in un ritiro.

Placida. (So da chi viene il consiglio, mi valere anche io della finzione per deluder l’arte con l’arte). (da sè)

Berto. (Mi pare che non le comodi). (da sè)

Placida. In verità, signor zio, non mi potevate dare una consolazione maggiore. Pur troppo sono stata già maritata, so che cosa è il mondo, e desidero solamente di viver quieta. Che sono i beni di questa vita? ogni più dolce brama è amareggiata dal dispiacere. Sollecitatevi, vi priego. Conducetemi al mio ritiro, conducetemi in questo punto.

Berto. (Son rimasto di sasso). (da sè)

Placida. Ma deh! signore, pensate che non siete zio di me sola, che meco solo voi non supplite alle veci di padre; ma Luigia anche essa è vostra figlia di amore. Fate che ella non meno sia meco a parte di questo bene. Venga ella pure a godere della tranquillità del ritiro.

Berto. In casa... ci sono io.... direi che fosse bene educata.