Vuol che si prenda tempo, e tutti han consigliato
Di mettere la cosa in man di un avvocato.
Don Berto, che cercava d’avere un qualche aiuto,
Mandò a cercar don Fausto. Don Fausto è alfin venuto.
Ed ei ch’è buon legale, disse in una parola:
Sentiam prima di tutto l’idea della figliuola.
Allora don Anselmo, gli occhi levando al cielo,
Disse: Per lei m’ispira la caritade, il zelo.
Prima che mal si perda la giovane amorosa,
Don Berto, il ciel m’aiuti, ve la domando in sposa.
Fuori di sè il buon zio, quando tal cosa udì,
Prese la penna in mano, e disse: Signor sì.
Ma tutti a lui si opposero, e l’avvocato allora
Replicò: Che si senta l’idea della signora.
Ebb’io la commissione di rendervi avvisata,
E siete dal consesso in camera aspettata.
Però quel vecchio astuto, tiratomi in disparte,
Mi pregò di adoprare con voi l’ingegno e l’arte,
Per persuadervi a scegliere lui sol per vostro sposo,
Dicendovi che l’altro è sciocco e difettoso.
Ma sono un galantuomo, e dicovi col cuore,
Che s’uno è mal partito, quest’altro è ancor peggiore.
Placida. Affè, don Isidoro, bizzarra è la novella;
E degna di un teatro codesta istoriella.
Luigia. Anzi che don Anselmo, ch’è l’uom più rio del mondo,
Certo son io disposta pigliar don Sigismondo.
Ma per dir schiettamente quel che ho nel cor celato,
Darei la man di sposa piuttosto all’avvocato.
Placida. (Questo poi no, lo giuro). (da sè)
Isidoro. Certo saria un bel scherzo,
Che or fra i due litiganti vi guadagnasse il terzo.
L’idea non mi dispiace. Voglio provarmi, affè.
Vo’ parlare a don Fausto, fidatevi di me.
(in atto di partire)
Placida. No, non v’incomodate. (a don Isidoro, trattenendolo)