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LA VEDOVA SPIRITOSA 389
Anselmo. Viene il vostro padrone; seco parlare io deggio.

Paoluccio. (Quell’oro sarà nostro? nol credo, se nol veggio.)
(da sè, e parte)

SCENA IV.

Don Anselmo, poi don Berto.

Anselmo. Sono nel grande impegno: finor mi ho conservato

Buona riputazione; ma amor mi ha corbellato.
Conviene colla figlia superar la vergogna,
E confidarlo al padre, e favellar bisogna.
Berto. Sentite, don Anselmo, non basta il consigliarmi;
Ma sempre restar meco, nè mai abbandonarmi.
Quando mi favellate, voi mi mettete a segno;
Ma poi tutto mi scordo, se sono in un impegno.
Ha un’arte donna Placida nel labbro e nell’aspetto,
Che senza il vostro aiuto di nulla mi prometto.
Anselmo. Vi par ch’ella sia scaltra?
Berto.   Ci può condurre a scuola.
Anselmo. Quell’altra è in gran pericolo.
Berto.   Sì, povera figliuola.
Anselmo. Forse il male a quest’ora nel cuore ha principiato
A piantar le radici. Pensate a darle stato.
Berto. Vada anch’ella in ritiro.
Anselmo.   Io so che non v’inclina.
Berto. Facciasi andar per forza.
Anselmo.   Per forza? ah no, meschina.
Guai a quelle donzelle che a forza van serrate,
E guai a chi nel chiuderle le misere ha forzate.
Berto. Se guai vi son per tutto, quel che mi far non so.
Consigliatemi voi.
Anselmo.   Sì, vi consiglierò.
Tenera giovinetta che di pensier si cangia...