Credea che foste ancora in casa del marito.
Placida. (Eccol dall’astrazioni al solito assalito). (da s’è)
Sigismondo. Come vi conferisce il nuovo alloggiamento?
Placida. Fra le paterne mura vi ho tutto il mio contento.
Son qui colla germana.
Sigismondo. Avete una sorella?
Placida. Signor, non lo sapete?
Sigismondo. Sì, è ver, giovane e bella.
(lira fuori la tabacchiera)
Placida. (Questo per mia germana sarebbe un buon partito.
Vo’ fare ogni possibile che l’abbia per marito), (da sè)
Sigismondo. Non prendete tabacco? (le offre tabacco)
Placida. Signor, bene obbligata.
Ne prendo qualche volta, ma non son viziata.
(ne prende una presa)
Sigismondo. Che novitadi abbiamo delle guerre presenti?
(prende tabacco)
Oh, starete assai meglio con i vostri parenti.
Placida. Certo che più contenta, come diceva, io sono
Col zio, colla germana...
Sigismondo. Questo tabacco è buono.
(le offre tabacco)
Placida. L’ho ancora infra le dita.
Sigismondo. Io mi diletto assai
Di novità del mondo.
Placida. Io non ne cerco mai.
Sigismondo. Come passate il tempo?
Placida. Moltissimo occupata
Finor fui nella lite.
Sigismondo. L’avete guadagnata?
Placida. Sì, signore, don Fausto la guadagnò...
Sigismondo. Sì, bravo.
Ei me lo disse, è vero; non me ne ricordavo.
Anch’io nelle mie liti da lui non mi distacco.
Placida. È un uom da farne conto.