Ed hanno un ripostiglio d’ogni delizia adorno,
Per replicar la dose tre o quattro volte al giorno.
È cosa che fa ridere vederli a pranzo e a cena
Mangiare a crepa corpo, mangiare a bocca piena.
E non contenti ancora, presti allungar le mane,
Porsi le frutta in grembo e nelle tasche il pane.
Vorrebber mangiar tutto. Han la vivanda in mano,
Un occhio al lor vicino, quell’altro al più lontano.
Tosto che viene in tavola un piatto, essi con arte
Lo girano, se il meglio non è dalla lor parte.
Non vogliono che alcuno s’incomodi a trinciare;
Essi vonn’esser primi a scegliere e a pigliare.
E quando si hanno preso una porzione onesta,
Ritornano nel piatto, e mangian quel che resta.
Non von che a dar da bere alcun faccia fatica,
Vonno dappresso il vino, von bevere all’antica.
Bevono molto e spesso, e sempre il vino puro,
E due o tre bottiglie le vogliono sicuro,
E quando non si portano, arditi le domandano,
E colla servitude e gridano, e comandano,
E al cuoco dan dell’asino, se il pranzo a lor non piace,
Ed il padron che spende, tutto sopporta e tace.
Placida. Davver me l’ho goduta la descrizion ben fatta
Di questi due scrocconi. È veramente esatta.
Niente di caricato vi trovo a parer mio,
Poichè degli altri simili ne ho conosciuti anch’io.
Ma dimmi il ver, Paoluccio: hai tu scoperto nulla,
Che aspiri don Anselmo al cuor della fanciulla?
Paoluccio. Mi pare a qualche segno, mi pare aver veduto
Ch’ei l’ami, e che l’amore copra il vecchiaccio astuto.
Ma quel che più mi preme, si è che questa mattina
Lo vidi a testa a testa parlar con Clementina.
Placida. Colla serva di casa?
Paoluccio. Appunto, e non vorrei,
Ch’egli volesse entrare negl’interessi miei.