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LA VEDOVA SPIRITOSA 357
E Paride fra mille, non che fra tre donzelle,

Voi giudicar dovrebbe la bella infra le belle.
Signora, lungamente restai più del dovere,
Ne so se vi recassi piacere o dispiacere.
Vorrei partir temendo di rendermi molesto. (si alza)
Ma no, rammento il cenno. Per dispiacervi io resto.
Placida. Certo i’ sarei dolente restando di voi priva.
(teneramente)
Fausto. Con voi, se ciò sia vero, resterò fin ch’io viva.
(con tenerezza)
Placida. Ecco una compiacenza che mettemi in periglio.
Ah, voi mi costringete fuggir dal vostro ciglio. (s’alza)
Se ingrato e compiacente valete a cimentarmi,
Addio. Sarò la prima io stessa a licenziarmi.
(vuol partire)
Fausto. Fermatevi un momento. Perdono io vi domando,
Se male col divieto confondemi il comando.
Partirò, e per non esservi grato, partendo, o ingrato,
Dirò che al mio dovere mi chiama il magistrato.
Farò, se il permettete, ritorno a riverirvi.
Spesso verrò, sperando di meglio infastidirvi.
Se in me per obbligarvi temete un qualche dono,
Odiatemi per questo, che il soffro e vi perdono. (parte)

SCENA III.

Donna Placida sola.

Certo non può negarsi, un poco è caricato,

Ma nelle affettazioni ha un brio che riesce grato.
Se alla germana mia ceder dovessi alcuno,
Il povero don Fausto, no, non saria quell’uno.
Sì sì, la libertade del cuor con tutto il zelo
Vo’ conservar se posso, ma se destina il cielo
Ch’io torni a vincolarmi, lo dico e lo protesto,
Più tosto che con altri, mi legherei con questo.