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NOTA STORICA.
«Io non iscopro... ne’ suoi Cavalieri di spirito che de’ seduttori», scrisse Carlo Gozzi (Opere, Venezia, 1772, vol. I, p. 55). Veramente il Conte Roberto, tra le figure più vive e più simpatiche del gran mondo goldoniano, fa troppo poco per meritarsi questa taccia, la quale, se mai, poteva dar noia solo al critico che le ragioni della morale sacrifica a quelle dell’arte. Il Goldoni non predica: ritrae. Ben lo dice anche il Charles Dejob questo cavaliere un precursore di M. de Ryons «confidente e consolatore di donne», e, con l’occhio troppo fisso alla commedia del Dumas [L’ami des femmes], prodotto d’altri tempi e d’altro ambiente, aggiunge: «Le type dans Goldoni manque malheureusement d’unité, parce que l’auteur, comme il lui arrive trop souvent, a eu peur de sa propre hardiesse....; l’ensemble de son ròle dans les premiers actes, les railleries qu il avait faites de ce rival [Flavio] au quatrième acte et mème dans la première partie du cinquième, prouvent bien que, dans la pensée de Goldoni, il ne devrait se sacrifier que par impuissance de se faire accepter sur-le-champ et avec le ferme propos de recueillir plus tard le fruit de son sacrifice» e conclude affermando che logicamente la riconciliazione, operata dal cavaliere, dei due fidanzati si deve «a une arnère-pensée» (Les femmes dans la comédie, ecc., Paris, 1899, pp 155-158). Se troppo il Dejob, corre più ancora il Guerzoni quando a prova che nel pusillanime teatro del Goldoni «il soggetto dell’adulterio scompare interamente» (e la Moglie saggia?) accenna di passata a questo Cavaliere, dov’è solo «il tentativo lontano e dissimulato anch’esso» (Il teatro italiano nel secolo XVIII, Milano, 1876, p. 210). Ma senza matrimonio, come poteva essere adulterio? Maria Merlato invece, mentre attribuisce propositi ben più innocui a Don Roberto, mette bene in rilievo la volubilità onde Donna Florida s’innamora del cavaliere e con l’audacia propria delle vedovelle goldoniane non gli cela la sua fiamma (Mariti e cavalier serventi nelle commedie del G., Firenze, 1906, p. 72). Donna Florida e in verità una donna di testa debole, come vuole il sottotitolo nell’edizione Pitteri e in un’edizione a parte del Salvioli (cfr. Salvioli, Bibliogr. univ. del teatro dramm. ital., Venezia, 1903, p. 696), tolto poi per non generare confusione con l’altra commedia di tal titolo.
Questo lavoro anche offre modo al Guerzoni di chiedersi se e quanto fedele pittore de’ nobili sia stato il Veneziano: «Qualche volta, come nel Cavalier di spirito, si direbbe che il Goldoni abbia indovinato la maniera e i costumi della nobiltà: ma appena vi innoltrate nella commedia e nello spirito di quel Cavaliere voi scoprite subito che è una creazione di maniera, un ritratto approssimativo e superficiale, in cui sono dati, con sufficente rassomiglianza, i tratti della galanteria e dell’educazione esterna, ma in cui l’interno carattere dell’anima è interamente nascosto» (op. cit., p. 216). Non è così, continua, dei borghesi e dei popolani del suo teatro. Resta a vedere, convien opporre al Guerzoni, se tale pretesa inettitudine si sarebbe manifestata anche quando il