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IL CAVALIER DI SPIRITO 313
Flavio. (Eccolo qui l’indegno). (da sè, in aspetto furioso)

Conte.   Don Flavio, ben venuto.
Flavio. Signor, in queste soglie perchè siete venuto? (altiero)
Conte. A un cavaliere amico dir non ricuso il vero;
Basta che il cavaliere non mel domandi altero.
Flavio. Con volto meno irato non tratto un inimico.
La cagion che vi guida, voglio saper, vi dico.
Conte. Voglio? Così parlate a un galantuom mio pari?
Perchè, signor don Flavio, perchè quei detti amari?
Più non mi conoscete? Credea, se il ciel v’aiuti,
Perduto aveste un occhio. Li avete ambi perduti?
Flavio. Voi pur foste ingannato dal menzognero avviso;
Vi ho colto, vi ho scoperto entrambi all’improvviso.
Conte. Entrambi! con chi sono da voi posto del pari?
Flavio. Con una donna infida.
Conte.   Sospetti immaginari!
Stimo assai donna Florida; la comoda occasione
M’indusse colla dama a far conversazione.
Lo so ch’è a voi promessa, conosco il mio dovere;
Non l’amo, e ve ne accerti l’onor di un cavaliere.
Flavio. Non credo a un menzognero.
Conte.   Ehi, signor militare,
Così meco si parla? Chi v’insegnò il trattare?
Flavio. Parlandovi in tal guisa, al mio dover non manco.
Lo sosterrà la spada. (mette mano)
Conte.   Io non ho spada al fianco.
Flavio. Provvedetevi tosto di un ferro, e qui vi aspetto.
Conte. Sì signor, volentieri. Questa disfida accetto.
Ci batteremo insieme ognor che voi vorrete;
Ma discorriamo in prima. Signor alfier, sedete.
Flavio. Invan cercar tentate di raddolcir mio sdegno:
Voglio vendetta. All’armi.
Conte.   Non accettai l’impegno?
Temete che vi fugga un uom della mia sorte?
Credete ch’io vi tema di me più franco e forte?