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286 | ATTO SECONDO |
Son misero e dolente, ma almen non sarò solo.
SCENA III.
Don Flavio ed il suddetto.
Claudio. Oh ciel! che miro! Voi qui? voi di ritorno?
Flavio. Disfatto è l’inimico, alla mia patria io torno.
Cerco in città la sposa. So che qui è ritirata.
Dov’è? dove si trova? Rendiamola avvisata.
Claudio. Infelice don Flavio! tornate vittorioso
Dal campo di battaglia per essere doglioso.
Meglio per voi che avesse durato il rio conflitto,
Anzi che rivedere colei che vi ha trafitto.
Flavio. Oimè! voi mi uccidete. Dov’è la mia diletta?
Claudio. Va col conte Roberto a passeggiar soletta.
Flavio. Roberto lo conosco. Conosco il cavaliere:
L’onesto suo costume non lasciami temere;
E il cuor di donna Florida non credo sì spietato,
Che dopo brevi giorni di me si sia scordato.
Claudio. Fidate pur di lei, del cavalier fidate,
Avrete da una donna di fè le prove usate.
Vuol l’amicizia nostra, ch’io parli franco e schietto;
Il cuor di donna Florida per voi non vi prometto.
Flavio. Amico, perdonate, se franco anch’io ragiono;
A dubitar di tutto sì facile non sono.
So che voi pure amaste colei che ora insultate,
E temo che, irritandomi, di lei vi vendichiate.
Claudio. Voi m’insultate.
Flavio. È vero, e avete una ragione
Per chieder dell’insulto da me soddisfazione.
Eschiam da queste mura, andiamo in sulla strada;
Son pronto a soddisfarvi.
Claudio. Nel fodero la spada.