Stupitevi piuttosto, che con saper profondo
Prodotto abbia una donna un sì gran libro al mondo.
È italiana l’autrice, signor, non è olandese,
Donna illustre, sapiente, che onora il suo paese1;
Ma se trovansi altrove scarsi i seguaci suoi,
Ammirasi il gran libro, e studiasi da noi.
Guden. Se tal voi favellate, che siete alfin servente,
Qual sarà la padrona?
Carolina. Per me non so niente.
Appresi dove sono a dir termini strani,
Appunto come parlano i pappagalli indiani:
Se a giocar, se a ballare si usasse in questo loco,
Vi parlerei del ballo, vi parlerei del gioco.
Ma usandosi da noi miglior divertimento,
Sono avvezzata anch’io parlar di quel che sento.
Guden. Ditemi: la padrona è bella? È giovinetta?
Carolina. Nipote è del padrone, qual figlia a lui diletta.
Guden. È giovane?
Carolina. È prudente.
Guden. È bella?
Carolina. È virtuosa.
Guden. Non rispondete a tuono; domando un’altra cosa.
Carolina. Della beltà vi cale, vi cal la giovinezza.
La virtù, la prudenza vi par poca bellezza?
Guden. Sì, egli è un tesoro, è vero, che l’intelletto appaga.
Capisco che non è nè giovane, nè vaga.
Carolina. Si vede ben, signore, che nella fantasia
Siete guasto alcun poco dalla melanconia.
Perchè di lei vi vanto la virtù, la saggezza,
Voi la credete antica, e priva di bellezza.
Non è ver, v’ingannate. I cinque lustri ancora
Non ha compiti; e tale ha beltà, che innamora.
- ↑ Alludesi a Gaetana Agnesi (1718-1799), che fin dal 1748 aveva pubblicato a Milano le sue famose Instituzioni Analitiche. Il Goldoni ebbe in dono dall’autrice stessa «l’opera algebrica», pare nel 1753 (v. Lettere di C. G. edite dal Masi, Bologna, 1880, p. 108; e Fogli Sparsi del G. raccolti da A. G. Spinelli, Milano, 1685, p. 28).