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IL CAVALIER DI SPIRITO 275
Gandolfo. Quegli è il conte Roberto: è un cavalier romano,

Ricco, nobile, dotto, affabile ed umano.
Sta sei mesi dell’anno a villeggiar con noi,
E tutti i villeggianti son tutti amici suoi.
I contadini istessi tratta con tal bontà,
Che l’amano e rispettano, che di più non si dà.
Quando una qualche giovine vuol prendere marito,
Egli le dà la dote, egli le fa il convito.
E non credete mica facesse come quelli
Che fanno, per esempio, montoni degli agnelli:
È un cavaliere onesto, di un ottimo talento,
Che tutto nel far bene ha il suo compiacimento.
Florida. Son qualità, per dirla, amabili davvero.
Ha moglie?
Gandolfo.   Non signora. Ma prenderalla, io spero;
Poichè di questa razza, che è così rara al mondo,
È bene che si veda un arbore fecondo.
Vossignoria, perdoni, gli ha mai parlato?
Florida.   No;
Non ho con lui trattato, ne mai lo tratterò.
Gandolfo. Perchè? lo crede indegno di stare in compagnia?
Florida. Fissato ho di star sempre solinga in casa mia.
E quando vo girando gli inospiti sentieri,
La compagnia sol piacemi goder de’ miei pensieri.
Gandolfo. Tal sentimento è nuovo, mi par, nella sua mente;
So pur che le piaceva di stare allegramente.
Creda che un cavaliere sì docile e di merto...
Florida. Non dite altro di lui. Nol vuò trattar, no certo:
So io quel che mi costa il conversar con tale
Che merto avea maggiore, o almen l’aveva eguale.
La libertà preziosa perduta ho in un momento,
Non vuò novellamente espormi ad un cimento.
Tanto più, che promessa avendo altrui la mano,
Incontrerei il periglio di sospirare invano.
Gandolfo. Che? non si può trattare con affezion platonica,