In
Leiden, dove siamo, ma per tutta l’Olanda.
E vengono ammalati da’ più lontan paesi,
Italiani, Tedeschi, e Svizzeri, e Francesi;
E d’Inghilterra poi, non molto a noi lontana,
Verran dieci persone almen per settimana.
Di quei che son di stanza di Leiden nel contorno,
Vengono qualche volta venti ammalati al giorno;
E se venir non possono, per altri la mattina
In vetri custodita gli mandano l’orina.
Guden. Ecco perchè mi spinse fama di sua virtute;
Spero, e non spero invano, da lui la mia salute.
Pettizz. Signor, con sua licenza.
Guden. Dove andate, figliuolo?
Per cortesia vi prego, non mi lasciate solo.
Se compagnia mi manca, mi assaltano i tremori,
Mi ascendono alla testa i torbidi vapori.
Pettizz. Non tarderà il padrone; son l’ore consuete
Ch’egli ritorna a prendere in casa un po’ di quiete.
Verranno anche a momenti alcuni amici sui,
Che per studiar con comodo radunansi da lui.
Appunto andar io deggio a preparar il tè:
Eccole compagnia, signor, meglio di me.
(osservando fra le scene)
Ecco la cameriera della padrona mia,
Che le può far passare la sua melanconia:
È una giovane allegra, che le darà piacere.
Ma, signor, l’avvertisco, perch’ella è forastiere:
Si trattano le donne da noi con libertà,
Però son delicate in punto di onestà.
So che in altri paesi son uomini d’ingegno,
Se vedono una donna, fan subito un disegno.
Ma qui la libertà che dassi alle persone,
Fa che sien più cortesi, ma in fondo assai più buone.
(parte)