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250 ATTO QUINTO
Quaglia. E a quel ch’è fatto, non vi è più rimedio.

Placida. Ma a te la paga si convien su gli omeri.
Luca. Figlia, non parli?
Caterina.   Sì confusa ho l’anima,
Che parlar non ardisco e gli occhi volgere
Al caro padre, che ora il ciel discopremi.
So che perdono all’error mio non merito,
Ma prostrata lo chiedo...
Luca.   Ahimè, sollevati,
Che non ho cuore in dì di sì gran giubilo
Perder affatto quel piacer che innondami,
Trovando in te la cara figlia ed unica.
In faccia mia, se nol facesti, sposati
A Orazio pur. Va’ tu, impostor, falsario,
Lungi dalle mie porte; e il ciel ringrazia,
Che alla mia pace di pensar sol medito.
E voi, cortesi spettatori, andatene
Contenti e lieti, qual contento è l’animo
Della Pupilla, che gioisce e gongola
Fra un padre amante ed uno sposo amabile.

Fine della Commedia.