Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1912, XIV.djvu/244

236 ATTO QUARTO
Cani che abbaian, si suol dir, non mordono;

E quei che sanno simular le ingiurie,
Più facilmente a vendicarsi arrivano.
Orazio. Ma che farò?
Quaglia.   Quanto volete spendere?
Orazio. Il sangue istesso spenderei, se avessemi
Questo a comprare il caro bene ed unico.
Quaglia. S’io vi conduco colle man mie proprie
La vostra Caterina in fra le braccia,
Che volete voi darmi?
Orazio.   A te sta il chiedere.
Quaglia. Cento scudi.
Orazio.   Anche più.
Quaglia.   No, che mi bastano
Cento scudi, e non altro.
Orazio.   Sì, promettoli.
Quaglia. Col favor della notte che avvicinasi,
Verrò a trovarvi, e voi meco accoppiandovi...
Basta, per ora non vuò dirvi l’intimo
Del mio disegno, che potrebbe ascondersi
Alcun qua dentro, e prevenirmi. Andiancene.
Orazio. Eccomi teco, come vuoi mi regola.
Quaglia, (Ai cento scudi tende la mia bussola).
Orazio. Oh Caterina mia, se più non veggoti,
Non mi vedrai un giorno sopravvivere
Alla crudele dolorosa perdita.

Fine dell’Atto Quarto.