Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
218 | ATTO TERZO |
SCENA III.
Panfilo, Placida.
Ma circa al scialacquar, circa allo spendere,
Vedesti come amor lo ha reso prodigo?
Placida. Lascialo fare; io non sarò spilorcia
Com’egli è, certo. Vuò che meco godano
Gli amici miei, salvo l’onesto vivere.
Farò del bene a chi potrò. Promettoti
Ricordarmi di te.
Panfilo. Ma se il tuo Orazio
Sarà geloso?
Placida. Eh, saprò ben io prenderlo
Per il suo dritto e per il suo rovescio,
E secondarlo dove giova, e renderlo
Colle moine a compiacermi facile.
Mi verrai a veder?
Panfilo. Basta che voglialo
Tuo marito ch’i’ venga.
Placida. No, non credomi
Ch’ei mi voglia impedir che te non pratichi.
Di servidor di messer Luca il titolo
Ti fa la scorta, e basta aver giudizio
In faccia sua, perchè di noi non dubiti.
Panfilo. Odi, son galantuomo, e parlo libero:
Il tuo parlar, il tuo pensar non piacemi.
Quel che fa donna dello sposo in faccia,
Far deve ancor quando voltati ha gli omeri.
Ti ringrazio di tutto; a Orazio sposati,
E non pensar di riveder più Panfilo.