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LA PUPILLA 211
Placida.   Vi supplico

I miei difetti compatire, e rendermi
Degna di quell’amor ch’io non mi merito.

SCENA VII.

Quaglia, Orazio.

Quaglia. Sentite? Anche la serva raccomandavi

Volerle bene.
Orazio.   Se la sposa apprezzala,
Io pur ne terrò a conto.
Quaglia.   Orsù finiamola;
Parvi ancor tempo di darmi da bevere?
Orazio. Sei assetato?
Quaglia.   Sì, ma non dissetomi
Che con bibite d’oro.
Orazio.   Affè, aver meriti
Indorate qual Mida infin le viscere.
Prenditi i trenta ruspi, e in pace godili,
Che sienti cari e che buon pro ti facciano.
Quaglia. Voi non sapete ancor quanto mi costino;
Ma lo saprete un giorno.
Orazio.   Al sposalizio
Verrai tu pure. Or per allora invitoti.
Quaglia. Oh, non vorrei che avessemi lo stomaco
Da conturbar. Davvero io vi ringrazio.
(Non saran le sue nozze sì festevoli,
Com’ei si pensa. Oh, quanto vogliam ridere!)

SCENA VIII.

Orazio solo.

Sogno ancora mi par, che così subito

Giunto mi sia de’ miei desiri al termine.
Par che felicità non abbian gli uomini,