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LA PUPILLA 199
Caterina. Dunque di sposo il ragionarmi è inutile.

Placida. Anzi è util cosa, e a voi necessarissima.
Caterina. Non ti capisco.
Placida.   Caterina, ditemi:
Col tutor vostro, a cui rispetto or legavi,
Non cambiereste di pupilla i termini
In quei di sposa?
Caterina.   Perchè mai dovrebbonsi
Cambiar nomi fra noi? Non è il medesimo
Che sia sposo o tutor, se fra noi vivesi?
Placida. Oh, vi è tal differenza infra i due titoli,
Quanta ve n’è dalla lattuca al cavolo.
Ama il tutor, ma sta l’amor fra i limiti
Delle cure paterne. I sposi si amano
Con tenerezza, e uniti stan se vegliano,
E uniti stanno in compagnia, se dormono;
E mai disgiunti...
Caterina.   Oh, questo poi continuo
Starsi attaccati1 mi sarebbe un tedio.
Piacemi di star sola alle ore debite,
Nè maggior compagnia d’aver io curomi,
Di quella ch’ebbi negli anni preteriti.
Placida. Ma io so che messere or si sollecita
Per trovarvi uno sposo.
Caterina.   Ah sì, conoscolo;
Egli è stanco di me. Testè guardandomi
Bieco, qual ti dicea, dal cuor le lagrime
Trassemi a forza. Che mai feci io, misera,
Che lo suo sdegno a provocar condottami
Abbia senza mia colpa? Alfin conoscere
Ignoranza dovrebbe, e non malizia
In me, se fui cagion della sua collera.
Deh, Placida, se mi ami, va ritrovalo,

  1. Edd. Savioli e Zatta: starsene insieme.