Commedia prima di questo Tomo, e quarantesima sesta della edizione presente. Per supplire al numero delle cinquanta promesse, alcuna ho dovuto crearne di nuova, non contento di certi soggetti che avevo abbozzati, e che mi pareano in istato di poter essere migliorati. Questa è una delle novissime per la sola edizione composte. L’ho scritta in uno stile, e in un verso, che dubiterei assai venisse bene accolta dal Pubblico sulle scene, quantunque ad imitazione de nostri antichi Poeti comici abbia voluto comporta. I tempi variano, e varia il gusto delle persone, e si raffinano le arti col tempo, e perciò vedesi alla giornata, che le cose antiche non hanno quell’accoglimento che ebbero ai giorni loro. Quei per altro che sanno distinguere il buono di tutti i tempi, conosceranno in leggendo questa Commedia, quali tracce abbia avuto in animo di seguitare, niente per altro che per dare un’idea di quanto saprebbero fare i moderni sull’esempio degli altri, se qualche cosa di più non esigesse l’età presente. La semplicità dell’argomento, la scarsa fecondità dell'intreccio, lo stile, non dirò antico, ma nell’antica foggia trattato, la nudità dei caratteri, il verso sdrucciolo, sono qualità in oggi poco favorevoli alla Commedia, e un tempo state sarebbero necessarie. Della catastrofe, tanto famigliare agli antichi, e dello scioglimento di essa, ponno essere contenti i moderni ancora, ed io mi lusingo che se non sarà la presente Commedia felicemente rappresentata, possa essere pazientemente letta e sofferta, e non indegna affatto di questa nostra edizione dal Mondo docile giudicata, tanto più, che se in tutt’altro ho cercato di seguitare gli antichi, non li ho imitati nella poco modesta libertà di parlare, ma ho continuato in questa parte l’uso lodevole della riforma nostra.’’