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LA DONNA SOLA 143
Berenice.   E una rima perfetta.

Agapito. Ehi, donna Berenice, che torta benedetta!
Berenice. Voi almeno mangiate senza sentir rumori.
Agapito. Badino ai fatti loro, che gridino, signori. (mangiando)
Berenice. Se altro mangiar non vogliono, levate i piatti tutti.
Agapito. Questa torta no certo. E non vi sono i frutti?
Berenice. Che mettano il desèr.
Isidoro.   E le bottiglie ancora.
Agapito. (Io di qua non mi levo nemmeno per un’ora).
(i servitori levano i piatti, e mettono il desèr)
Filippino. Signor, vuol favorir questa torta? (a don Agapito)
Agapito.   Perchè?
Filippino. Vorrei che ne restasse un poca anche per me.
Agapito. Tieni; metà per uno.
Filippino.   Grazie de’ suoi favori.
Isidoro. Bravo quel don Agapito.
Agapito.   Che parlino, signori.
Isidoro. V’invito quanti siete, signori, in questo loco,
A bere alla salute di quel che mangia poco.
Pippo. Io rispondo per tutti. La notte canta il cuco.
Evviva quel signore, che mangia come un lupo.
È rima, o non è rima, cosa mi dite?
Isidoro.   È un cavolo.
Pippo. Cosa parlate voi? non ne sapete un diavolo.
Filiberto. Ma con qual fondamento colui ch’è andato via,
Ha potuto vantarsi di simile pazzia?
Voglio che sia uno stolto senz’ombra d’intelletto,
Ma con qualche principio certo l’avrà già detto.
Claudio. Ho dei sospetti anch’io, ma in grazia della dama
Taccio, m’accheto e credo.
Filiberto.   Viltà questa si chiama.
Claudio. Non m’insultate, amico.
Berenice.   Tacete in grazia mia.
Claudio. Per ubbidir, non parlo.
Filiberto.   Tacere è codardia. (s’alza)