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LA DONNA SOLA 127
Sarà cosa difficile trovare un parentado,

Che uguagli il vostro merito, e che vi torni a grado.
Lucio. Vi dirò, per parlarvi con tutta confidenza,
Vorrei una che avesse il titol d’eccellenza.
Col grado della moglie unito al grado mio,
Avrei più facilmente dell’eccellenza anch’io.
Berenice. Permettete che dicavi, signor, fra voi e me
Una cosa verissima. Già qui nessuno c’è.
Nobile siete certo, siete garbato, è vero,
Ma nato voi non siete figliuol d’un cavaliero.
E il fanatismo è invalso, in chi nobile è nato,
Che il sangue si consideri dal padre e dal casato.
Trattando in certe case, signor, chi vi assicura,
Che in campo non si metta di voi cotal freddura?
Quei che non posson spendere, come potete voi,
Ognor pongono in vista il sangue degli eroi;
Trattar non vi consiglio plebei nati dal fango,
Ma con persone nobili così di mezzo rango.
Lucio. Che? degno non son io d’ogni conversazione?
Berenice. Sì, degnissimo siete; avete ogni ragione.
Ma pria di esser la coda di un corpo assai maggiore,
È meglio esser il capo d’un popolo minore.
Lucio. Non dite male in questo. E chi trattar dovria?
Berenice. Signor, siete padrone ogni or di casa mia.
Lucio. Sì, vi sono obbligato; con voi verrò a spassarmi.
Ma ve l’ho detto ancora, io penso a maritarmi.
Berenice. Lo volete far presto?
Lucio.   Più presto che potrò.
Berenice. Non vorrete una vedova?
Lucio.   Vedova? perchè no?
Voi, donna Berenice, parlando colla stessa
Confidenza, con cui meco vi siete espressa,
Credo che non sareste per me tristo partito.
Berenice. D’essere vostra moglie però non mi ho esibito.
Lucio. Mi credereste indegno?