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per farsi amare e stimare, poco hanno bisogno della Fama del Padre loro; ed all’incontro, se riescono malamente, la memoria del Padre è un rimprovero alla dappocaggine loro, e sono più conosciuti per essere più disprezzati.

Il mio mestiere non può passare per eredità. Non v’è esempio, non v’è istruzione che vaglia, per fare una testa comica, quand’ ella non sia per ciò lavorata dalla Natura. Guai s’io avessi Figliuoli, e s’invogliassero di quest’arte senza conoscerne il peso, e per la sola apparenza d’un’arte lusinghiera e gioconda.

Non saprei dire io medesimo quale spirito, qual talento sia necessario per tal mestiere. Un grave, melanconico, ottuso, mal si adatta ai vezzi, al brio, alla giovialità della comica. Uno spiritoso, vivace, allegro, non è suscettibile per ordinario delle riflessioni serie, succose e morali, che vi abbisognano. Vuol essere un cervello misto, una mediocrità fra gli estremi, un’inclinazione presso che universale, insomma una testa lavorata apposta dalla Natura. S’io abbia o no simil testa, non lo so dire; so che ho principiato senz’animo di continuare, e che ho continuato senza poter più finire. So che ho principiato colle sole regole della Natura, e ho proseguito a piacere, con questo solo ragionevole ed universale principio. Credo che tutti gli Autori Comici più rinomati abbiano fatto come ho fatt’io, più felicemente di me perchè avranno avuto miglior talento, ma tutti collo specchio della Natura, colla osservazione dei costumi e del Mondo, e colla pratica del Teatro; ma coll’incertezza altresì in qualunque opera di piacere, essendo l’esito sempre incerto, quando si tratta di compiacere l’universale. Una prova dar si può alle Commedie, leggendole in casa prima di darle al pubblico. Fama è che Molière le leggesse alla propria serva, per iscorgere in essa l’effetto della semplice Natura. L’avrà fatto però soltanto di quelle opere, che poteano interessare lo spirito di una serva. Io le opere mie di costume, di buon carattere, d’onesta critica, le leggo e le comunico alla mia cara Moglie. L’ho veduta ridere e piangere parecchie volte, ed ho veduto che al suo pianto e al suo riso hanno corrisposto in Teatro i movimenti del pubblico, e gli occhi e le